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Articolo 8 minuti di lettura

Il futuro del retail reimmaginato

Da Susan Lahey/ Michael Schweidler

Ultimo aggiornamento 28 mag 2021

La realtà virtuale e la realtà aumentata stanno dietro le quinte del commercio al dettaglio da anni, ma il COVID-19 le ha portate alla ribalta molto prima della loro uscita programmata. Il retailer britannico ASOS ha accelerato il lancio del proprio strumento di realtà aumentata (AR) "See My Fit" che consente agli acquirenti di visionare i capi indossati da vari modelli e modelle di taglie diverse e dalle caratteristiche fisiche differenti. La tecnologia ha lo scopo di garantire che "la presentazione dei prodotti rimanga il più realistica e coinvolgente possibile, favorendo al contempo il distanziamento sociale in quanto non è necessario che i modelli e le modelle entrino negli studi di ASOS".

Il rivenditore francese di prodotti cosmetici e di bellezza Sephora permetteva già alle clienti di applicarsi il trucco virtualmente tramite cellulare, provando diversi prodotti per il makeup e la cura della pelle senza doversi fisicamente lavare il viso fra una prova e l’altra. Zeekit, una startup israeliana che applica al settore moda una tecnologia di mappatura di ispirazione militare, è esplosa e, dai pochi clienti dedicati al brand, si sta ora preparando ad aprire un proprio marketplace.

Zeekit,una startup israeliana che applica al settore moda una tecnologia di mappatura di ispirazione militare, è esplosa e, dai pochi clienti dedicati al brand, si sta ora preparando ad aprire un proprio marketplace. Nel frattempo, anche Amazon ha sviluppato la propria versione dei camerini di prova in realtà aumentata.

Sicuramente, questo sistema di fare acquisti pone dei problemi di privacy; tuttavia, in un momento in cui sicurezza sanitaria e distanziamento sociale sono la priorità, può trattarsi di un compromesso che molti sono disposti ad accettare. Inoltre, se i clienti si abituano a fare shopping in questo modo, sicuramente diventerà un’abitudine.

"La realtà virtuale e la realtà aumentata stanno dietro le quinte del commercio al dettaglio da anni, ma il COVID-19 le ha portate alla ribalta molto prima della loro uscita programmata."

Prima della pandemia, la tendenza era creare esperienze particolari all’interno dei negozi. Poi è scoppiata l’emergenza COVID-19. Ora, i grandi magazzini stanno chiudendo e alcuni esperti prevedono che la metà di essi non riaprirà mai più. Secondo un recente studio di McKinsey, il 63% dei consumatori britannici afferma di aver cambiato il modo di fare shopping dall’inizio della pandemia. Inoltre, è molto probabile che questi nuovi comportamenti diventeranno la normalità, in quanto più di otto consumatori su dieci affermano di voler mantenere questi cambiamenti anche dopo la pandemia. Secondo l’associazione tedesca del commercio al dettaglio HDE, il passaggio lungo le principali vie dello shopping di Amburgo, Colonia e Berlino ha subito un calo del 50% rispetto allo scorso anno, mentre nel West End londinese è calato del 64%.

I negozi che hanno riaperto cercano di aiutare i clienti a entrare e uscire in tempi rapidissimi, con contatti fisici minimi, e sperando di non trovarsi coinvolti in nessuna discussione riguardante il corretto utilizzo della mascherina. Alcuni dettaglianti controllano la temperatura degli acquirenti all’ingresso in negozio, permettono di fare acquisti solo su appuntamento, non offrono consulenze di bellezza o test dei prodotti, hanno chiuso camerini e bagni e mettono in quarantena gli articoli che sono stati restituiti. Tutto questo, ovviamente, si traduce in un messaggio contraddittorio e tutt’altro che di accoglienza.

Cambio di priorità da parte dei consumatori

Non è cambiato solo il modo in cui la gente compra, ma anche ciò che compra. Con la seconda ondata di COVID-19 e il nuovo lockdown in corso in Europa e nel Regno Unito, molti consumatori al momento escono di casa solo raramente. Si prevede che la disoccupazione in tutta l’Unione Europea salirà all’ 8,6% nel 2021 sulla scia della pandemia di coronavirus. Se scuole e asili dovranno chiudere di nuovo, molte persone potrebbero non essere in grado di lavorare anche se hanno l’opportunità di farlo. L’impatto devastante sulle famiglie non può essere sopravvalutato.Ma il quadro non è tutto negativo. Alcuni hanno scoperto che il cambiamento improvviso nello stile di vita ha aspetti positivi inaspettati, e ha modificato le priorità in modi che possono durare anche oltre la pandemia.

"Non è cambiato solo il modo in cui la gente compra, ma anche ciò che compra."

Una pubblicazione di moda ha affermato che ora le persone si avvicinano alla moda molto più consapevolmente. Solo il 13% compra capi di vestiario in grandi quantità, come prima della pandemia. Molti stanno riconsiderando la necessità di avere tanti vestiti; altri dichiarano che si concentreranno maggiormente sul comfort in futuro: l’abbigliamento "athleisure" è in gran voga. E molti altri sembrano pensare più ai risvolti sociali delle loro scelte in questo ambito, dalla posizione politica del brand alla moda sostenibile, realizzata con tessuti naturali e senza sostanze chimiche tossiche, fino alla vendita dei capi usati.

Uno studio di ThredUp e GlobalData ha rivelato che la domanda globale di abbigliamento di seconda mano era in aumento già prima della pandemia: 62 milioni di donne ha fatto questo tipo di acquisti nel 2019, rispetto ai 56 milioni del 2018. Si prevede che il mercato crescerà da 28 miliardi di dollari a 64 miliardi di dollari nel 2024.

Inoltre, la gente sembra comprare cose diverse. L’agenzia di vendita al dettaglio Sellic ha analizzato ciò che le persone in Europa acquistano; oltre a mascherine e disinfettanti per le mani, ci sono attrezzature per il fitness indoor, forniture per la cucina, alimenti e prodotti per la cura della casa (+47% in Italia), nonché giocattoli e giochi (+36% in Germania).

David Duncan, senior partner per la strategia di crescita e il cambiamento presso la società di consulenza Innosight, ha notato che il COVID-19 ha improvvisamente posto in evidenza modelli di vita che le persone ora vogliono abbandonare. "Per le persone che hanno la fortuna di avere un’occupazione e la possibilità di gestire le complessità legate a figli, lavoro e tutto il resto, questo è stato un momento di pausa. È la prima volta in 25 anni che sto a casa per più di un mese di fila. Mi rendo conto di riflettere di più, su qualsiasi cosa."

Duncan, co-autore di un libro sulla teoria del lavoro intitolato Competing Against Luck: The Story of Innovation and Customer Choice, ha affermato che la teoria del lavoro potrebbe aiutare i rivenditori a capire quale strada prendere per il futuro. Secondo questa teoria, le persone non comprano prodotti e servizi, ma li ingaggiano per aiutarle a conseguire un fine. Se il prodotto o il servizio risulta soddisfacente, possono ingaggiarlo di nuovo; in caso contrario, potrebbero licenziarlo. Pandemia o no, i clienti hanno problemi da risolvere. Devono nutrire le loro famiglie, educare i loro figli, pagare le bollette, proteggere la loro salute, e trovare modi per sentirsi bene con se stessi ed evitare di impazzire durante la pandemia.

La qualità dell’esperienza offerta agli acquirenti è ancora una priorità

Alcuni degli obiettivi di cui abbiamo parlato possono essere raggiunti rapidamente dai rivenditori focalizzati sull’attirare le persone nel negozio o nel sito, aiutarle a comprare qualcosa in fretta a basso prezzo, e consegnare gli articoli rapidamente. Tuttavia, la vendita al dettaglio è molto di più secondo Duncan, ossia è offrire un’esperienza positiva, far sentire i consumatori immersi nel brand o sorprenderli con qualche novità.

"Tuttavia, la vendita al dettaglio è molto di più secondo Duncan, ossia è offrire un’esperienza positiva, far sentire i consumatori immersi nel brand o sorprenderli con qualche novità."

Alcuni rivenditori lo fanno attraverso i loro siti web. Il sito del brand di abbigliamento per l’attività outdoor Patagonia, ad esempio, non solo vende prodotti, ma contiene storie e video su questioni sociali e ambientali e sui tipi di luoghi, avventure e avventurieri che ispirano le persone a comprare articoli per attività all’aperto. Altre aziende stanno cercando di simulare esperienze nella mente degli acquirenti, oltre che fisiche. Nel Regno Unito, il marchio di abbigliamento e accessori per il ciclismo Rapha ha collaborato con Zwift, provider di programmi di preparazione ciclistica online, per realizzare una serie di uscite di allenamento di gruppo virtuali.

Dall’altro lato dell’Atlantico, il brand di abbigliamento outdoor di fascia alta Canada Goose offre un’esperienza di shopping a Toronto chiamata "The Journey". Nel rispetto del distanziamento sociale, gli acquirenti camminano su una passerella che alla vista e all’udito sembra ghiaccio che scricchiola sotto i piedi, circondata da pareti scure. Entrano in una stanza fredda con neve vera e vedute di montagne innevate. Non c’è merce nella stanza, ma schermi interattivi su cui gli acquirenti possono ordinare gli articoli, che poi ricevono al più tardi nelle successive 24 ore. L’azienda definisce l’esperienza come una pausa dalla follia della pandemia, sebbene un cappotto da 1.000 dollari non sia una pausa che proprio tutti possono permettersi.

È possibile che in futuro i grandi magazzini e i centri commerciali non saranno più il luogo dove la gente acquista oggetti fisici. Potrebbero diventare sale di esperienza clienti interattiva, in cui le persone possono interagire con i brand a livello viscerale senza alcuna merce reale, come Canada Goose. Oppure potrebbero diventare magazzini, così necessari per la crescita dell’e-commerce.Lo shopping potrebbe fare interamente affidamento sulla realtà virtuale e sulla realtà aumentata. Forse si potrà vivere l’esperienza di fare shopping sugli Champs-Élysées di Parigi o nel Quadrilatero della moda milanese, per poi ricevere gli articoli direttamente a casa. Una cosa è certa, il futuro della vendita al dettaglio si è fatto rapidamente molto interessante.

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